l’altro/l’altra
N. 7, maggio 1998
Colorare il
futuro
L’aggettivo
“sostenibile” e il sostantivo “sostenibilità” si fanno ricorrenti in
questo scorcio di millennio. Li si associa
spesso a “futuro” e a “sviluppo”. Se ne parla necessariamente anche in
Svizzera e nella Svizzera Italiana. E il nostro
mensile “l’altro” dà eco e possibilmente anticipa questo parlarne.
Mercoledì 29 aprile, a Lugano
(Università della Svizzera Italiana, aula 300), il prof. Wolfgang Sachs,
del “Wuppertal Institut”, parlerà di “Futuro sostenibile: riconversione
ecologica e nuovi stili di vita. Giovedì 30 aprile, nella stessa aula,
l’ambasciatore Walter Fust, direttore della Direzione dello sviluppo e
della cooperazione del Dipartimento federale degli affari esteri,
interverrà su “Le sfide della cooperazione allo sviluppo all’alba
del XXI secolo”.
A Berna, dal 25 al 29 maggio,
sul tema “Solidarität schafft Zukunft” (“La solidarietà crea futuro”), si
terrà una conferenza Nord/Sud per uno sviluppo sostenibile, con
la partecipazione di Flavio Cotti, Julius
Nyerere, Nafis Sadik, José Ramos Horta. E
ricordiamo che il 31 maggio è il termine ultimo per rispedire le schede
firmate della petizione “Chi dice solidarietà,
dice futuro”: “per una Svizzera impegnata a favore della solidarietà,
della pace e dello sviluppo sostenibile”.
*
Le occasioni di riflessione e
di azione non mancano. Ma per costruire
veramente qualcosa crediamo si debba sgombrare
il campo da un equivoco di fondo: quello di trattare il “futuro
sostenibile” come un prodotto realizzabile con mezzi tecnici e finanziari
all’interno della nostra cultura. Sì, la tecnica e i soldi sono
probabilmente gli unici “carismi” rimasti a noi occidentali, ed è urgente
invertire la rotta, mettendoli finalmente al servizio di uno sviluppo a
misura umana.
Ma risulta
sempre più evidente che non c’è futuro senza apertura alle altre culture
del pianeta Terra. Occorre prestare ascolto alle voci degli indiani
d’America, degli eschimesi dell’Artide, degli aborigeni d’Australia... e
degli stranieri che vivono in mezzo a noi. Occorre conoscere “l’altro”,
elaborare l’immagine degli “Etranges étrangers”, per dirla con una poesia
di Jacques Prévert.
Occorre, insomma, colorare il
futuro col dialogo interculturale. Anche in Svizzera, le iniziative
educative che vanno in questo senso si
moltiplicano e meritano di essere decisamente sostenute. Citiamo
per tutte la recente creazione della Fondazione
Educazione e Sviluppo, un’istituzione d’importanza nazionale con un
Ufficio regionale per la Svizzera Italiana a Lugano.
Invitiamo a partecipare, dal 12
al 15 maggio a Basilea, al “Dialogo Africa - Europa: cambiare tramite
l’apprendimento globale”, programma speciale
organizzato nell’ambito dell’edizione ’98 di WORLDDIDAC, salone
internazionale dei materiali d’insegnamento e della formazione
professionale. E invitiamo alla lettura di preziosi libri
di educazione interculturale recentemente
pubblicati dal Centro didattico cantonale (come Odyssea, di
Christiane Perregaux e L’interculturalismo in azione e in questione
di Fulvio Poletti), da altri editori ticinesi (per es. Luoghi comuni,
luoghi inospitali, Edizioni Casagrande, Bellinzona) o da centri
interculturali italiani (come La foresta delle diversità, CIDIS,
Perugia).
*
Interrogarsi sul “futuro
sostenibile” equivale a chiedersi se c’è un’alternativa
alla globalizzazione neoliberista. A Bellinzona nei primi cinque mesi del
‘98 questo tema è stato e verrà ripetutamente
affrontato. Il 25 gennaio, al CentroSpazio Aperto, il teologo brasiliano
Leonardo Boff ha parlato de “Le vittime della globalizzazione: poveri e
bambini della strada”. Quattro giorni dopo, nella stessa sede, il filosofo
di origine italiana Giuliano Pontara ha
inaugurato il ciclo “Gandhi oggi” parlando de “La globalizzazione della
violenza e la violenza della globalizzazione”. Il 25 maggio, nell’Aula
Magna dell’Istituto cantonale di economia e
commercio, Riccardo Petrella, professore all’Università cattolica di
Lovanio, parlerà di “Globalizzazione: verso l’apartheid sociale
mondiale?”.
Ma nonostante i titoli
negativi, i messaggi delle tre conferenze sono sostanzialmente
positivi. Boff non si è limitato a denunciare
le perversioni della logica di mercato: ha posto piuttosto l’accento sulle
chance di una mondializzazione intesa come
cambiamento di coscienza, nel senso della “noosfera” di Teilhard de
Chardin. Pontara, di fronte agli enormi punti di domanda con cui si apre
il 2000, ha sottolineato il valore delle nostre
conoscenze scientifiche e tecniche unitamente alla forza della rete di ONG
(organizzazioni non governative) sparse in tutto il mondo: ONG che
rappresentano il nuovo movimento internazionale, transnazionale, su cui si
può stabilire un nuovo ordine mondiale. E
Petrella sosterrà che, contrariamente alle tesi dominanti, è possibile
concepire e mettere in atto dei processi differenti di mondializzazione,
miranti a far crescere una società mondiale fondata sui principi di
cittadinanza e solidarietà, d'economia efficace, di libertà e democrazia,
di sviluppo durevole, di diversità e rispetto tra le civiltà e le culture.
Va in questo senso anche il
seminario conclusivo del ciclo “Gandhi oggi”, che si terrà al Centro
Spazio Aperto di Bellinzona sabato 9 maggio e al quale sono cordialmente
invitati a partecipare tutti i lettori e le lettrici de “l’altro /
l’altra”. Animato da Elisa Rebecchi (una passione per l’India e numerosi
contatti con indiani appartenenti al Movimento Sarvodaya, il proseguimento
delle proposte del Mahatma Gandhi nell’India di
oggi) e Mao Valpiana (direttore di “Azione nonviolenta”, rivista mensile
del Movimento Nonviolento), sarà un forte momento di riflessione su come
vivere in tempi di globalizzazione resistendo al grigiore della
monocultura neoliberista e maturando insieme la convinzione che le ragioni
della mondializzazione dell’umanità sono più forti delle ragioni della
globalizzazione del mercato.
Vittorio Dell’Era